Il campione Michael Phelps ha sempre dichiarato che uno dei segreti è stata la sua dieta da 12.000 kcal giornaliere. Realtà o provocazione?
La dieta delle 12.000 kcal che tanto scalpore ha fatto durante le olimpiadi di Pechino del 2008 è parsa sin da subito scriteriata. Poco dopo è arrivata la smentita di Phelps, consapevole di averla sparata grossa, che ha dichiarato di avere mentito. Le kcal non erano più 12.000 bensì 10.000. Un’enormità comunque. E un’ulteriore provocazione.
La verità probabilmente non la sapremo mai, ma possiamo basarci sull’alimentazione che ha riportato sulla sua autobiografia “No limits” dove ha specificato i suoi pasti giornalieri, compresi gli spuntini.
Ecco com’era la sua giornata tipo.
La giornata tipo
Snack prima dell’allenamento: “Cominciavo con una PowerBar (barretta energetica), un bagel (grosso panino a forma di anello), una tazza di cereali”
Nella colazione post-workout: “…un budino di riso, tre uova, hash browns (sorta di polpette rettangolari fatte con pezzettini di patate bollite, passate nell’uovo e poi fritte), salsicce, toast e magari del bacon. Qualche volta un’omelette messicana“.
Il pranzo invece era qualcosa di inverosimile, in termini quantitativi. “...dei bagels al formaggio con due o tre salsicce e uova. E mi portavo tutto a casa in attesa dell’allenamento successivo“. Anche se trapela che il pranzo fosse: 500g di pasta e due sandwich di pane bianco con formaggio, prosciutto e maionese. In aggiunta una bevanda energetica da 1000 kcal.
Come spuntino, dopo il secondo allenamento: “Giusto qualcosa di piccolo: un sandwich, della pizza o una tazza di cereali“.
A cena “piatti già pronti di pollo, oppure una bistecca o carne in genere. E poi verdura e frutta. In alternativa ristorante Messicano per divorare “enchiladas” (una sorta di lasagna arrotolata ripiena) di bufalo“.
Una dieta da non credere, obiettivamente. Non tanto per la quantità di kcal, che può non essere difficile da raggiungere visto che si tratta di alimenti molto ricchi di grassi. Ma per la qualità del cibo che è quanto di più scadente esista. Una dieta del genere non solo sarebbe dannosa per la salute alla lunga, ma anche per la prestazione sportiva. Che era quello a cui lui ambiva di più, con molta probabilità.
Ma vediamo nel dettaglio perché questa dieta sarebbe dannosa.
Le criticità di questa dieta
– La (scarsa) qualità dei grassi, in particolare saturi, e lo squilibrio omega-6/omega-3 che sarebbe dannosa per diverse ragioni. Una di queste riguarderebbe lo stato pro-infiammatorio. Un atleta che si allena per ore e ore ogni giorno porta il suo fisico ad uno stato infiammatorio (se non alimentato a dovere) che lo metterebbe in una situazione di stress, con molta facilità ad infortunarsi. Facilità ad infortunarsi che non veniva neanche attenuata da una adeguata dose di antiossidanti derivante da alimenti vegetali (frutta e verdura in primis), visto il largo consumo di alimenti raffinati: pane, pasta, cereali, ecc.
– Vista la quantità di grassi che ingurgitava durante i pasti, la digestione veniva rallentata e viene spontaneo chiedersi come avrebbe fatto a buttarsi in piscina e nuotare per ore. I grassi richiedono una lunga digestione e normalmente andrebbero limitati se ci si allena subito dopo, a maggior ragione se l’allenamento si svolge in acqua. Impensabile.
– Nella dieta di Phelps ci sono molti carboidrati ad alto indice glicemico (IG): il pane dei sandwich, dei toast, la pizza, le bevande energetiche, ecc.. Questo potrebbe essere un bene, nel senso che vengono richiesti per recuperare le scorte di glicogeno perse durante gli allenamenti massacranti. Molte volte, a sentire Phelps, venivano consumati prima dell’ allenamento. E questo non era di certo positivo. E’ probabile che la bevanda energetica venisse bevuta in prossimità del post-workout, ma il problema principale è che nei pasti successivi a quest ultimo c’è un’ enorme quantità di grassi che rallenterebbero comunque il recupero, quindi il vantaggio degli alimenti ad alto IG veniva vanificata dall’alto apporto di grassi mangiati in concomitanza.
– Un surplus di calorie notevole per un atleta di quelle dimensioni e con quella frequenza di allenamenti è fondamentale per coprire il fabbisogno energetico giornaliero, ma francamente è troppo. Anche se c’è da dire che la quantità di kcal che introduciamo in eccesso non necessariamente si tramuta in grasso di deposito.
Conclusioni
La dieta di Phelps non ha motivo di esistere, per nessuna ragione scientifica. Non c’è un solo punto per considerarla appropriata ad uno sportivo. È semplicemente una provocazione oppure un’operazione di marketing per vendere più copie del suo libro “No limits” (il titolo sembrerebbe collegato anche alla dieta).
Phelps, da buon furbacchione, parla solo di calorie. Facendo credere agli altri che basterebbe coprire il fabbisogno calorico per migliorare la prestazione sportiva.
La quantità di kcal ha la sua importanza, ma è sempre relativa. Dipende sempre dalla ripartizione dei nutrienti: carboidrati, proteine e grassi. Dipende, oltretutto, dalla qualità di QUEI nutrienti. Di certo la dieta/balla che ci ha raccontato è squilibrata, ma dal punto di vista calorico potrebbe essere vera SE:
– fosse ripartita in più pasti e spuntini, comprese le bevande energetiche.
– la qualità del cibo fosse migliore. Frutta e verdura, tranne a cena, non si sono mai visti. Frutta secca neanche.
– la genetica fosse dalla sua parte.
Ci tengo a sottolineare una cosa: non pensare che un atleta possa permettersi di mangiare qualunque cosa perché tanto “brucia” tutto. Falso, un atleta presenta delle criticità che un individuo sedentario non possiede ed è costretto a seguire un piano alimentare opportunamente calibrato se vuole stare in salute e se vuole ottenere una prestazione sportiva di altissimo livello. Cosa che, in questo caso, non ci risulta.
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