Perché la prevenzione può salvarci la vita

Emilio Chininea
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In che modo può l’alimentazione prevenire un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo? Una lezione per il presente e per il futuro.

L’emergenza attuale ci pone necessariamente davanti a delle riflessioni, di tipo sociale, psicologico, economico e medico.

Riguardo all’ultimo punto, e quindi a ciò che mi compete, non intendo entrare nel merito della trasmissione del virus, del sistema immunitario, della vitamina D, della C e di tutto quello di cui si sta parlando da settimane in relazione al coronavirus.

Intendo fare una riflessione, prendendo il coronavirus come spunto e partendo da alcuni dati recenti. Se hai la pazienza di leggerli e di ragionare sul mio discorso capirai dove voglio arrivare. Poi capirai perché e in che modo c’entra l’alimentazione.

 

Non guardare il dito

Quello che emerge, con pochi dubbi, dalle statistiche relative al COVID-19 è che l’avere una o più patologie aumenta esponenzialmente la letalità del virus.

È importante ragionare su questo fatto perché non si tratta di patologie particolari, rare, ma di ipertensione arteriosa, diabete II e di tante altre (anch’esse piuttosto comuni): cancro, scompenso cardiaco, ictus, ecc.
Tutte patologie ad altissimo impatto sulla popolazione italiana. Per capirci, il diabete in Italia colpisce 3,5 milioni di persone. Di ipertensione invece ne soffrono 10,7 milioni di italiani (Fonte: ISTAT 2018).

Dal report del 26 marzo, prodotto dall’Istituto Superiore della Sanità (ISS), emerge esattamente questa situazione:

Fonte immagine: epicentro.iss.it

In sostanza, su un campione di 909 deceduti, solo 19 (il 2,1%) non avevano nessuna patologia diagnosticata. E su questo dato sarebbe interessante approfondire.
Ma il punto è che avere anche una sola patologia (prendiamo come esempio l’ipertensione) espone ad un maggiore rischio di morire: il 21,6% dei deceduti aveva una sola patologia.
Saliamo ancora: avere ipertensione e diabete (prendo come esempio quelle con una più alta incidenza) aumenta il rischio: il 24,5 % dei deceduti aveva 2 patologie. Uno su quattro.
Aggiungiamo anche un’altra patologia (mettiamoci lo scompenso cardiaco, patologia molto comune e sotto-diagnosticata): avere 3 o più patologie porta la % al 51,7.

Sostanzialmente dei 909 deceduti (sono solo un campione, ma su larga scala difficilmente si discostano di molto questi dati) più della metà aveva più di 3 patologie.

Cosa significa questo?

Significa che di fatto il coronavirus mette a nudo la sopravvivenza. Infatti, una persona con 3 patologie ha una minore probabilità di sopravvivere rispetto a chi non ne ha nessuna.

L’obiettivo dell’articolo non è quello di banalizzare il tutto con “ah vabbè, erano già malati” e quindi sminuire la gravità. Oppure fare un discorso relativo all’età (“muoiono solo i vecchi“). No, anzi!

Il punto è capire il perché muoiono principalmente persone della terza età.

 

Perché muoiono principalmente gli anziani

Sempre da questo report si evince che l’età media dei pazienti deceduti e positivi a COVID-19 è 78 anni.
Le patologie che ho elencato e che puoi leggere nella tabella sono quasi tutte malattie cronico-degenerative e sono molto diffuse, in particolare in età avanzata.

Le malattie croniche infatti si chiamano così perché impiegano spesso tanto tempo per manifestarsi (anni, ma anche decenni) e peggiorano col tempo. Chi vive di più ha, ovviamente, più tempo per sviluppare queste patologie e di ammalarsi.

L’ipertensione non si manifesta da un giorno all’altro se mangiamo più sale. Non ci si ammala di diabete se si beve il caffè con lo zucchero. Queste patologie sono causate da una serie di fattori, tra i quali comportamenti (non solo alimentari) sbagliati, ma protratti nel tempo.

 

Il fulcro del mio discorso è la prevenzione

Per quale motivo ho voluto fare questa premessa?

Perché la maggior parte di queste patologie si possono prevenire. L’alimentazione ha un ruolo essenziale nella prevenzione delle malattie che sono associate alla morte per coronavirus. Questo non bisogna dimenticarlo e, anzi, serve che ce lo ricordiamo sempre.

Noi italiani, siamo un popolo di obesi, diabetici, ipertesi, per il semplice fatto che mangiamo male. E ci ammaliamo perché adottiamo nel tempo una serie di comportamenti scorretti, soprattutto a tavola.

Quando capiremo che la dieta non è uno strumento per perdere peso, ma un’occasione per cambiare il proprio stile alimentare forse avremmo capito lo scopo preventivo dell’alimentazione.

Attenzione, questo discorso non vale solo in relazione al coronavirus. Mi è servito solo come spunto da cui partire. La mortalità di chi è affetto dalle patologie cronico-degenerative è comunque più alta rispetto ad un soggetto sano, con o senza covid-19.
È come se questo minuscolo agente patogeno scoprisse coperchi già pronti a saltare.

 

Cosa vuol dire fare prevenzione?

Vuol dire evitare il contagio, certo. Ma la vera prevenzione parte molto prima e significa, in questo caso, arrivare ad un eventuale contagio nelle migliori condizioni possibili. Non ci si aspetta di certo che un anziano non abbia nessuna patologia, ma quantomeno ridurle al minimo.

Ecco, porre attenzione all’alimentazione anche quando “è giovane, può mangiare quello che vuole alla sua età” vuol dire prevenire.

Se ci ritroviamo ad essere 20 milioni di obesi, 10 milioni di ipertesi e 3 milioni di diabetici, significa che nel tempo si è fatta poca prevenzione oppure che questa non ha funzionato. Quindi abbiamo sbagliato qualcosa. Tutti! Non l’OMS, lo Stato o il medico di famiglia, ma tutti noi siamo stati responsabili. Che ci serva da insegnamento!

Fare prevenzione significa poter vedere i risultati tra 5, 10, 20 anni, probabilmente. È frustrante agire in questo senso, lo so, ma è strettamente necessario. Oggi, più che mai.

Dobbiamo agire da subito curando di più la nostra salute, prendendoci cura di noi stessi, riducendo lo stress, mangiando bene, muovendoci di più. Agire sul nostro benessere.

Ma ognuno deve fare la sua parte.

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Bibliografia

Emilio Chininea
Emilio Chininea
Il dott. Emilio Chininea è un nutrizionista, specializzato Scienze dell'Alimentazione. Si occupa di portare benessere attraverso il cibo a chi sceglie di seguire il suo metodo: BenessereTotale.
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